Lo spirito dell’esploratore è dentro ciascuno di noi. Nasciamo esploratori, è la nostra condizione naturale. Dice Buddha: “Non puoi percorrere la via prima di essere diventato la via stessa”; allo stesso modo far diventare parte di noi stessi ciò che non conosciamo è l’unico modo per affrontarlo. Dai picchi perennemente innevati della Valsavarenche alle lande inesplorate dell’Antartico, si snoda così l’avventuroso cammino di una giovane e intraprendente Guida Alpina valdostana, Pierre-Joseph Dayné.Dopo aver scalato con determinazione e successo gran parte dell’orografia locale, assicurandosi anche qualche “prima” assoluta, l’ambizioso valdostano fece di tutto per partecipare all’esplorazione Antartica guidata da Jean-Baptiste Charcot tra il 1903 e il 1905. Quello che ne è seguito è stato un “cammino” ai confini dell’esperienza umana.Il suo rientro in Valle, nell’estate del 1905, segna l’avvio di una nuova vita, dove la parola “impossibile” perde il suo significato e l’uomo, con sempre maggiore entusiasmo, diviene un “Servitore del Cielo”. Ad attenderlo una folla acclamante che gli riserva onori e gli tributa riconoscimenti, come era uso fare con il Re d’Italia quando saliva in Valle per le sue battute di caccia. Pierre, esploratore polare e uomo della continua “partenza”, è però tutt’altro che un Sovrano. Il viaggio alla fine del mondo, le esperienze maturate e trascritte con finissima calligrafia in un piccolo diario, testimoniano di un uomo semplice, forte e dotato di un grandissimo coraggio che, trasfigurato dall’esperienza, affronta la nuova vita con umiltà. Giocando tra l’immaginario e la realtà l’autore costruisce un romanzo che racconta la sua vita dopo il ritorno al Paese, mantenendo però intatti i tratti fondamentali della sua irripetibile storia.